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Il valore di uno sforzo

“Vivere da malato per morire da sano? Non fa per me” dicono in molti. “Che senso ha privarsi di tutti i piaceri della vita se tanto comunque di qualcosa dobbiamo morire tutti?”.

In genere le persone di questo parere raccontano sempre di uno zio, un nonno, un amico, qualcuno insomma che beveva come una spugna, mangiava come un lupo e fumava come un turco ma che è stato benissimo fino quando è morto alla bellezza di 95 anni!

Chi si rifiuta di prendere in considerazione il cambiamento di stile di vita come principale intervento preventivo a livello personale e sociale trova sempre qualche ragione a sostegno del proprio approccio. Ma si tratta per di più di scuse, consapevoli o meno, per non mettersi in gioco, di semplici debolezze trasformate in argomentazioni filosofiche per mascherare la propria difficoltà nel cambiare un percorso di vita che porta con sé delle inevitabili conseguenze negative.
Forse aiuta a disinnescare il potere frenante di questi preconcetti, approfondire un po’ l’argomento. In primo luogo la prevenzione non si prefigge né di privare le persone di tutti i piaceri né di farle vivere per sempre. L’obiettivo è quello di ridurre l’effetto negativo di alcuni comportamenti, che sono più dipendenze psicologiche che espressioni di libertà, per far sì che la qualità della vita sia più alta possibile il più a lungo possibile.

Sappiamo tutti che esistono i casi eccezionali, persone che conducono una vita malsana ma vivono comunque piuttosto bene e a lungo. Ma non è un buon motivo per seguire questo esempio. Sarebbe come sostenere che non ha senso usare le cinture di sicurezza in macchina solo perché ogni tanto qualcuno si salva anche senza. Ci sono persone con un patrimonio genetico tale da risultare protette contro le loro scelte errate ma si tratta di casi davvero eccezionali. Per la maggior parte di noi lo stile di vita errato è la principale causa di malattia. Infatti, all’origine di infarti, cancro e ictus (le tre prime cause di morte nei paesi occidentali), ci sono proprio il fumo, la dieta malsana e la sedentarietà. Correggendo in meglio soltanto uno di questi fattori, la dieta, il World Cancer Research Fund stima che si possono prevenire il 70% dei tumori dell’endometrio, il 69% di quelli dell’esofago, il 45% di quelli del colon, il 38% di quelli della mammella e l’11% di quelli della prostata, solo per citarne alcuni.

Ecco l’importanza quindi di diffondere una cultura della salute e di convincere sempre più persone a cambiare le proprie abitudini di vita errate. E lo sforzo sembra dare risultati tangibili. Secondo dati del Censis del 2006 circa il 15% delle persone ha cambiato qualche abitudine dopo aver visto qualche programma televisivo sulla salute e oltre il 18% dopo aver letto informazioni su giornali o riviste. Dal 2006 ad oggi questi dati sono certamente aumentati e continueranno ad aumentare nei prossimi anni.

La conoscenza dei dati scientifici e la consapevolezza del valore della prevenzione non sono sufficienti. Sono solo il primo passo. Perché dalla teoria bisogna sempre passare alla pratica per cambiare il proprio percorso di vita. E in questo, può essere utile accettare la #sfida90901.

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