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3 buone pratiche per imparare ad ascoltare se stessi

Sisu non è l’acronimo di qualche oscura organizzazione internazionale e nemmeno una nuova tassa per ripianare il debito pubblico. Sisu è una parola finlandese che non ha una traduzione letterale in alcuna lingua. Si potrebbe definire come la capacità di portare a termine un compito con successo. È la determinazione e il coraggio di prendere in mano la situazione, di agire anche quando le chance di farcela sono ridotte all’osso. Sisu definisce quella forza interiore che differenzia quelli che vanno fino in fondo nonostante le avversità, da quelli che invece abbandonano davanti ai primi ostacoli.
Il termine viene considerato un tratto distintivo della cultura finlandese, una sorta di marchio di fabbrica collettivo di cui andare fieri come popolo e come individui, e c’è una ragione precisa che giustifica questo.

Una bella storia dalla Finlandia…

Il 30 novembre del 1939 gli aeroplani sovietici lanciarono più di 350 bombe su Helsinki senza alcun preavviso facendo precipitare la Finlandia nella Seconda Guerra Mondiale. In parallelo 450.000 soldati invasero il paese via terra, un numero tre volte superiore all’intero esercito finlandese. Nel complesso l’Unione Sovietica schierò più di 6.000 carri armati rispetto ai 32 finlandesi e oltre 4.000 aerei contro i 114 degli avversari. Sarebbe stato logico arrendersi e trovare il modo di evitare il peggio, ma i finlandesi non ci pensarono nemmeno. In poco più di tre mesi, da fine novembre del 1939 a metà marzo del 1940, morirono quasi 70.000 finlandesi in quella che divenne nota come la “Guerra d’inverno”. Poca cosa in confronto ai 323.000 morti sovietici. I finlandesi, pur potendo contare su forze armate numericamente minime rispetto ai sovietici, respinsero l’invasore grazie a quella determinazione che solo chi sa di combattere per una giusta causa è in grado di tirar fuori.

La storia è piena di esempi di questo tipo. Storie di popoli, gruppi o individui capaci di vincere contro ogni pronostico. Ma non sono storie di uomini nati eroi. Al contrario, si tratta di persone normali capaci, in specifiche condizioni, di fare cose straordinarie.

Ma quali sono le caratteristiche che determinano l’emergere di tali capacità? Come ci si trasforma in eroi per una giusta causa?

Quando l’obiettivo è tutto

Ciò che rende possibile sisu nei finlandesi così come tutte le meravigliose mani
festazioni di coraggio, determinazione e
 dedizione di cui noi esseri umani siamo
 capaci, non è semplicemente la forza di
 volontà ma la trainante energia di un
 obiettivo, la certezza che non si possa 
accettare nulla di meno della completa
 riuscita del proprio intento, la chiarezza con cui si vede la strada che è necessario percorrere. Forza di volontà, coraggio, resistenza e determinazione sono tutte conseguenze della robustezza dell’obiettivo: se sfuma quest’ultimo anche i primi si sciolgono come neve al sole.

Proprio per questo, pur essendo capaci di gesti davvero eroici, siamo anche tutti così fragili e labili, incapaci a volte di gestire anche le scelte più banali della nostra vita. Molto spesso una cosa banale, come seguire una dieta o essere regolari con il proprio programma di esercizio fisico, può sembrare un’impresa titanica. Quello che manca è un obiettivo potente, chiaro, capace di spingerci anche nei momenti di difficoltà, di risollevarci quando cadiamo perché la voglia di raggiungerlo è più forte di qualsiasi distrazione, più gratificante di qualsiasi sosta a riposare.
Ecco perché oltre il 90% di chi fa una dieta a distanza di 12 mesi ha più chili di prima e solo l’8% di quelli che decidono a gennaio di iscriversi in palestra è in grado di andare oltre la fine di febbraio. Mancanza di obiettivi o, ancora peggio, obiettivi confusi e contradditori. Facciamo degli esempi: voler dimagrire ma senza rinunciare all’aperitivo con gli amici quattro volte alla settimana; volere essere in forma ma senza togliere tempo ad altre cose; essere stanchi ma non rinunciare all’ennesimo inutile talk show televisivo, sono tutti esempi di confitti interiori che portano solo a frustrazione e mancanza di risultati a lungo termine.

Come puoi decifrare il linguaggio della tua mente

È chiaro, quindi, che il problema non sta tanto in quale dieta scegli o in che rivoluzionario programma di allenamento adotti, quanto nel valore che attribuisci alla posta in gioco. Tutto quindi parte dal controllo della mente, controllo che non si ottiene con la pressione ma al contrario con il lasciare andare, come se si liberasse un cavallo purosangue che finalmente riesce a galoppare libero verso la sua meta.

Allora, se la mente è tutto, come possiamo imparare a usarla? La mente viene considerata come la funzione corporea preposta alla regolazione dei flussi di energia provenienti dal corpo stesso o dall’ambiente esterno. Per via di questa sua funzione di integrazione e regolazione, la mente non è mai statica, continua ad adattarsi e a evolversi ma risulta sfuggente, difficile da comprendere a tal punto che ciascuno di noi fa già fatica a capire la propria. Molte delle nostre scelte e una buona parte della nostra esistenza vengono infatti vissute sotto il livello di consapevolezza: una serie infinita di gesti automatici o quasi, che si susseguono l’uno dopo l’altro.

Per interrompere questo flusso e dare alla propria esistenza una direzione voluta, occorre imparare a decifrare il linguaggio della mente attraverso alcune pratiche che sarebbe bene introdurre nella nostra vita quotidiana:

1. IL SILENZIO

Siamo attorniati da rumori, voci, telefoni che squillano, persone che parlano. Nella vita moderna i momenti di silenzio totale sono ormai rari, ma, proprio perché siamo immersi in un costante rumore di fondo, diventiamo sordi ai segnali interni provenienti dalla nostra mente subconscia, all’intuito, alle emozioni, a tante informazioni capaci di indicarci la strada giusta. Fai una prova: calcola quanti minuti in un giorno vivi di silenzio completo e vedrai che sono davvero rari. Cerca di aumentarli.

2. IL NON GIUDIZIO

Giudicare continuamente tutto, tutti e anche noi stessi crea un logorio mentale profondo, impegna i nostri neuroni in attività che sono perlomeno collaterali. Prova ad ascoltarti e a prendere nota di quanti giudizi esprimi in un giorno, per esempio quante volte dici o pensi “che caldo”, “che freddo”, “cominciamo bene”, “ci mancava anche questa”, “che rottura di scatole”. Decidi di non giudicare e vedrai come la giornata diventerà subito più leggera.

3. LO STARE CON SE STESSI

Stare da soli per molti di noi è davvero problematico. Da soli ci si avvicina a se stessi perché non ci sono altri a cui fare riferimento. Si arriva così a un grado di introspezione che permette di comprendere davvero chi siamo e cosa vogliamo dalla vita. Calcola quante volte alla settimana ti capita di essere completamente da solo e ti accorgerai che la solitudine è ancora più rara del silenzio.

Attenzione però: non occorre traferirsi in un monastero tibetano per praticare silenzio, non giudizio e solitudine.
 Ci si può ritagliare qualche minuto di raccoglimento ogni giorno.

Scopriremo come 
tutto questo contribuirà a rasserenarci e a 
farci capire meglio quali sono i nostri veri obiettivi, quelli del cuore.

  1. È un articolo interessante e vero. Mi SAREBBE piaciuto Approfondire ancora di più, perché a volte tutto questo Non basta…. però mi è piaciuto il fatto che si sia parlato anche di questo oltre che del cibo, infondo tutto fa parte della ns vita e tutto è collegato. Complimenti siete unici. ?al prossimo articolo

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