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Mindfulness con le emozioni difficili

Come ci comportiamo quando viviamo emozioni difficili o stress? A volte il cibo diventa una sorta di “consolazione”.

“Dobbiamo essere consapevoli che ciò che ci provoca disagio o ansia non sono gli eventi, ma come colleghiamo le emozioni a questi.”  (Jonathan GarcÍa-Allen).

Se ci fermiamo a riflettere per un attimo su qualche ricordo del passato, oppure fantastichiamo su un progetto futuro, quasi di sicuro, oltre al pensiero oggettivo legato a quei momenti, si farà largo, dentro di noi, un’emozione a essi associata. Ed è proprio così che, all’interno della nostra giornata, ci fanno visita un’incredibile quantità di emozioni: dalla gioia, alla paura, alla rabbia, alla tristezza. E noi non possiamo scegliere a priori quali emozioni provare. Possiamo però imparare a stare con la loro energia senza esserne travolti. Uno dei modi che molti di noi utilizzano per compensare stati emotivi che possono renderci agitati è il cibo.
Quante volte ti è capitato di sentirti teso, arrabbiato o anche annoiato e di addentare la prima cosa che hai trovato in frigorifero per placare la tua emozione e tranquillizzarti?
A volte, già da bambini, funzionava in questo modo. Sei caduto, ti sei sbucciato il ginocchio, hai pianto e la mamma ti ha dato un cioccolatino per consolarti. Con questo esempio non si vuole certo giudicare un comportamento che viene fatto sicuramente in buona fede. Però, nell’età adulta, se questa è stata la nostra esperienza, è bene cercare di re-imparare a sentire le nostre emozioni e agire (e non re-agire) per accoglierle e gestirle senza “soffocarle” con il cibo, ad esempio.

R.A.I.N. una pioggia di consapevolezza sulle tue emozioni

Michele Mc Donald, un famoso insegnante di meditazione vipassana, ha ideato negli anni ’80 un particolare tipo di meditazione, chiamato con l’acronimo “RAIN” Questa meditazione ci invita a lasciare i giudizi e le relative emozioni che spesso accompagnano l’esperienza. È quasi naturale per noi, infatti, classificare quello che ci accade come piacevole o spiacevole e volerlo trattenere o respingere. Imparare a “lasciare andare” le emozioni ci fornisce, invece, uno strumento importantissimo di libertà a cui possiamo fare ricorso ogni volta che ne abbiamo bisogno. Ecco il significato dell’acronimo R.A.I.N. e l’esercizio corrispondente che possiamo portare nella nostra vita quotidiana per accogliere le nostre emozioni.

R – Recognize – Riconosci ciò che accade

Fermati e osserva ciò che sta succedendo davvero. Riconosci la tua emozione (anche se può fare paura), solo così potrai gestirla e non esserne in balìa. Ad esempio, se ti accorgi di provare rabbia, invece di dire a te stesso: “sono furiosamente arrabbiato!”. Prova a usare, nel tuo dialogo interiore, un’espressione più neutrale, di semplice osservazione: “c’è rabbia” senza chiederti perché c’è e com’è sorta.

A – Allow – Accogli la vita così com’è (e le emozioni)

L’emozione che stiamo vivendo ha il diritto di esserci. Accettare che sia presente in te, senza affrettarti a scacciarla (o trattenerla) e senza chiederti cosa c’è che non va se la stai provando, ti regala un’incredibile libertà. È in questo modo che un autodialogo come “Oh no, sto di nuovo provando ansia!” potrà trasformarsi in: “Vedo che c’è ansia”. Questa nuova modalità di accogliere le emozioni ti insegnerà a non mettere più in atto meccanismi impulsivi per sfuggire alla sofferenza di un momento ma ti darà, invece, la libertà di scegliere come agire, volta per volta.

I – Investigate – Investigare con gentilezza

La curiosità è un atteggiamento bello e utile che possiamo coltivare nei confronti di quello che succede dentro e fuori di noi. Non c’è giudizio, non c’è accusa, c’è solo un desiderio puro e semplice di conoscere quello che sta accadendo ed è il primo passo per prendercene cura. La curiosità ci aiuta a non forzare le situazioni e a viverle con più leggerezza. Ed ecco che una condizione che ci sembrava immobile e pesante, diventa più tollerabile e ricca di sfaccettature.

N – Non identificazione – Abbracciare una prospettiva diversa

Quest’ultima fase ci insegna a osservare il fluire della vita, dei pensieri e delle emozioni senza doverli continuamente “commentare” e giudicare. Ed è con l’allenamento alla “non identificazione” che finalmente riconosciamo che la maggior parte di quello che proviamo è transitorio. Possiamo quindi permetterci di restare solo con l’esperienza che c’è, in questo momento senza aggiungere altro.

Una pratica quotidiana

Per oggi, puoi stabilire l’intenzione di osservare la tua reazione quando qualcosa ti turba. Potrebbe essere anche qualcosa di poco conto: qualcuno ti “ruba” il posto sotto il naso al parcheggio del supermercato, l’attesa al telefono di un call center è un po’ più lunga del solito, ti arriva un messaggio di lavoro mentre ti stai rilassando con la tua famiglia. Qualunque sia “l’elemento di turbamento” della tua giornata di oggi, appena si presenta, prova a fare così:

1. Non giudicare quanto è spiacevole quello che ti accade
2. Osserva il disagio che si sta manifestando. Quali sensazioni ti manda il tuo corpo? Stai contraendo alcuni muscoli? E la tua mente? Sta iniziando il tuo leit motiv del “perché tutte a me”, ad esempio?
3. Coltiva una consapevolezza aperta a quello che sta accadendo. Non ricorrere a sistemi di “evitamento” dell’emozione come il cibo ad esempio. Potresti scoprire che, in realtà, anche senza mettere in atto nessuna compensazione, il disagio si dissolve molto più rapidamente di quello che ti saresti aspettato.
4. Da questo stato più “calmo”, ti sarà più facile fare la scelta giusta, più in linea con ciò che davvero ti serve e poi potrai agire.
5. Non cambierà tutto in un attimo. Non imparerai da un singolo giorno un nuovo modo di accoglierti e di prenderti cura di te. La perseveranza e la ripetizione sono la chiave, anche nella mindfulness, per acquisire un nuovo comportamento nel rapporto con le emozioni, con il cibo e con le tue giornate, una alla volta.

Consigli di lettura:

La via della compassione” di Brach Tara – ROI Edizioni