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Essere un dono

Una delle cose che più mi piace del pensiero zen è la distinzione tra piccola mente e grande mente. È un paradosso, visto che uno degli obiettivi principali dello zen è proprio abolire le distinzioni. Ma d’altra parte se non è paradossale, non è zen.

 
La piccola mente è quella che calcola, razionalizza, crea distinzioni. La grande mente, invece, abbraccia la realtà come un insieme, ci fa percepire di essere parte del tutto.

 
Un altro modo di definire la grande mente è indicarla come “mente di genitore”. Cosa fa un genitore? Quando fa caldo, protegge il figlio dal caldo; quando è freddo, lo ripara dal freddo, con ogni mezzo. Mette tutto se stesso al servizio del figlio, con tutto il suo amore.

 
La piccola mente crea frasi come: “Ho investito molto in questo rapporto”. La piccola mente calcola se c’è un ritorno adeguato in quello che fa. Vuole ottenere qualcosa, vuole ricevere qualcosa.

 
Anche nella Cabala ebraica si distingue tra desiderio di ricevere e desiderio di dare. E il percorso umano è quello di passare dal primo al secondo. Riuscire a oltrepassare la logica dello scambio e arrivare a quella del dono che non chiede niente in cambio, neppure la gratitudine.

 
Raggiungere il donare autentico che ti gratifica in quanto tale perché ti permette di partecipare della gioia di chi riceve, perché in quel momento hai superato la distinzione tra te stesso e l’altro, e sei diventato “Tutto”.

 
Ed è in questa condizione di empatia totale che ci pone il dono autentico: non avere confini. È per questo che ci si sente meglio a dare che non a ricevere. A splendere come il sole: per tutti, senza calcolo.

 
Quando qualcuno ci ringrazia per qualcosa che gli abbiamo trasmesso, rimaniamo stupiti ed esclamiamo che neanche ci eravamo resi conto di avere dato qualcosa, allora quello è un vero dono. Perché è nato da un nostro modo di essere, di stare nel mondo, che ci ha permesso di regalare qualcosa senza che neanche ce ne accorgessimo.

 
Perché la nostra natura divina, in quel modo di essere, si è espressa con naturalezza, senza calcoli. Siamo stati in grado di essere un dono.

 
Ed anche una semplice parola, un sorriso, può essere un dono: anche una foglia, dice lo zen, può essere un dono. Basta che provenga da un nostro movimento interiore spontaneo verso il bene degli altri.

 
Questo donare spontaneo, questo diventare un dono per il nostro stesso modo di essere, non nasce da un giorno all’altro, occorre un grande impegno per migliorare quello che siamo, giorno dopo giorno, e trasformare la nostra interiorità fino al punto di compiere atti che rappresentano un dono per gli altri senza neppure accorgercene.

 
A questo si arriva lavorando con tenacia su di noi per diventare persone migliori. Bisogna prima correggere e controllare se stessi e soltanto dopo potremo lasciarci andare, essere spontanei, donare attraverso il nostro modo di essere. Ognuno ha la sua via per arrivare a questo: ma tutte portano verso la nostra interiorità.

 
Non dobbiamo pensare che nel corso di questo lunghissimo processo di auto miglioramento non stiamo donando ancora nulla a nessuno: quando stiamo lavorando per migliorare noi stessi, per diventare un dono, stiamo già facendo un regalo sincero, consapevole e disinteressato a tutta l’umanità. Ci stiamo sforzando per tutti quelli che incontreremo. Questo è già splendere, come il sole.