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Le diverse forze delle farine: una classifica e gli usi suggeriti

La farina è il prodotto della macinazione dei cereali (ma non solo, anche altri vegetali come i legumi possono essere ridotti in farina). Le farine più note e utilizzate sono quelle di frumento e di grano duro, ma anche tra queste ci sono differenze e classificazioni. In alcune zone sono consumate anche le farine di cereali “minori” quali la segale in Nord Europa e Nord Italia, così come il grano saraceno tipico delle zone Valdostane, la farina di castagne o di soia: il loro utilizzo in cucina è relativo a ricette tipiche regionali.

Il cereale maggiormente coltivato e utilizzato è il frumento (Triticum), con prevalenza in Italia settentrionale, seguito dal grano duro più comune invece nel Centro e Sud Italia, solitamente indicato con il termine generico di semola. Il mondo delle farine è però ben più articolato e vario, con moltissime specie di grano e con ciascuno le proprie proprietà nutrizionali e usi specifici in cucina.

Dall’integrale alla 00: le differenze tra le farina di grano tenero

Le farine di grano tenero si possono classificare sulla base del tasso di estrazione durante la macinazione del chicco:

  • integrale: viene macinato tutto il chicco così da preservare la completezza nutrizionale del cereale. Ideale per pasta integrale o prodotti da forno rustici quale pane, grissini, etc.. Spesso viene miscelata con farine più bianche per favorire la lievitazione.

 

  • di tipo 2:realizzata con buona parte di crusca, è ancora abbastanza ricca di proteine e fibre. Ideale per pane e pizza, sempre di tipologia rustica.

 

  • di tipo 1: progressivamente con meno crusca e meno proteine rispetto a quella di tipo 2. Consente di ottenere panificati e altri prodotti da forno lievitati più raffinati e soffici.

 

  • di tipo 0: è la farina di prima scelta, bianca, con molti amidi e poche proteine. Ideale per pane e pasta fresca.

 

  • di tipo 00: si ottiene con la macinazione della sola parte più interna del chicco ed è la più bianca. Priva di crusca e composta esclusivamente da amidi, è la più povera dal punto di vista nutrizionale. Ideale per dolci, pasta fresca e pasta all’uovo. Può essere usata come addensante in creme o besciamella oppure per pizza con brevi tempi di lievitazione.

 

La farina di grano duro si distingue da quella di grano tenero per il suo maggior contenuto proteico. Dalla macinazione del grano duro deriva una farina con tipica granulometria più grande del grano tenero. Questo sfarinato grossolano di colore giallo ambrato, detto “semola”, si ottiene dalla prima macinazione del chicco di grano duro. È ideale per la produzione della pasta e in preparazioni tipiche quali gnocchi alla romana e dolci regionali. Con la ri-macinazione della semola si ottiene una granulometria più fine che la rende più adatta alla panificazione, sia pura sia mescolata con altre farine, per tipici pani regionali italiani (pane di Altamura, pane di Matera, ecc.).

Forte o debole? La forza della farina

Altre proprietà specifiche caratterizzano ulteriormente i diversi tipi di farina di grano tenero, differenziandone ulteriormente l’utilizzo, tra cui il contenuto proteico e la “forza” della farina.

La forza è la capacità della farina di assorbire liquidi durante la formazione dell’impasto ed è proporzionale al contenuto e alla qualità di glutine. La forza caratterizza l’estensibilità e la resistenza dell’impasto ed è espressa come indice di forza W. Le due proteine che compongono il glutine, gliadina e gluteina, durante l’impastamento, si srotolano e s’intrecciano tra loro formando il reticolo del glutine. In base alla qualità e le proporzioni di queste due proteine, la farina può assumere caratteristiche differenti.

La farina viene definita forte quando assorbe un’elevata percentuale di acqua per arrivare a una consistenza ottimale dell’impasto che generalmente riesce a sopportare lunghe fermentazioni per prodotti voluminosi e ben alveolati.  La farina forte si utilizza dunque per prodotti a lunga lievitazione, per i preimpasti (biga e poolish), impasti ricchi di grassi e zuccheri (pan brioche e croissant) e dolci da ricorrenza (panettoni e pandori).

La farina è debole quando durante l’impastamento assorbe poca acqua, venendosi a creare una maglia glutinica di poca tenuta che, se lavorata eccessivamente, crea un impasto appiccicoso che lieviterà poco. Le farine deboli sono ideali per la produzione di torte e biscotti contraddistinti da friabilità.

Solitamente maggiore è il contenuto proteico della farina (indicato in etichetta nutrizionale) maggiore è la forza, ma ci sono casi in cui questa informazione può trarre in inganno. Infatti, le farine meno raffinate (tipo 1, tipo 2 e integrale) sono più ricche di proteine e infatti assorbiranno molta acqua, ma non sempre si prestano bene a lunghe lievitazioni, in quanto molte delle proteine presenti nella crusca non partecipano alla formazione del glutine. Perciò è bene miscelare le farine integrali a quelle più raffinate per ottenere il massimo dalla lievitazione.

  1. buongiorno sulla farine despar tipo oo e tipo o vorrei sapere i valori di tenacia(p) ed estensibilità(l). grazie

  2. Salve, leggendo le unteressanti informazioni e nozioni riguaRdo le farine, mi sono imbattuto in un concetto che mi ha creato un po’ di confusione e vorrei sapere se, sono io che non lo afferro o c é un errore.
    Il concetto é il seguente:

    Infatti, le farine meno raffinate (tipo 1, tipo 2 e integrale) sono più ricche di proteine e infatti assorbiranno molta acqua, ma si prestano bene a lunghe lievitazioni, in quanto molte delle proteine presenti nella crusca non partecipano alla formazione del glutine.

    Potrei avere maggiori delucidazioni a riguardo? Grazie

    1. Buongiorno Marco, grazie per averci scritto! Abbiamo aggiunto una piccola precisazione alla frase in chiusura così da renderla più chiara 🙂

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